Punture di meduse: ecco le dieci
cose da fare (e da non fare)
Lavare la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata, e applicare un gel astringente al cloruro d’alluminio
di Paola Arosio
La cattiva notizia è che, anche quest’estate, le meduse sono presenti in abbondanza nei nostri mari. Quella buona che, se non si è riusciti a evitarle, è possibile neutralizzare il loro potere urticante. A patto di seguire i consigli giusti e di non incappare in comuni errori. Ecco un vademecum stilato con la consulenza di Enzo Berardesca, direttore dell’Unità operativa di Dermatologia clinica all’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma.
Cinque cose da fare
1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.
2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.
3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).
4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.
5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. «In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico – spiega Berardesca -. In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».
Cinque cose da non fare
1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. «In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi», precisa Berardesca. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.
2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. «Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi – sostiene l’esperto -. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».
3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.
4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.
5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+).