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Dermatite seborroica- Repubblica salute 17 novembre 2015

Domanda

Circa un anno fa mi è stata diagnosticata una dermatite seborroica che si è manifestata nel cuoio capelluto, sul volto e sul decolleté con perdita di capelli, prurito diffuso e granuli di sebo. Sono stata visitata da ben 4 dermatologi ma, salvo cambiare sempre creme o shampoo, nessuno è stato in grado di prescrivere una cura veramente efficace (ultimamente la dermatite si è manifestata anche sulle palpebre inferiori). Anche sull’origine della malattia ho avuto le risposte più disparate. Nel tempo ho usato shampoo ASQUAM e lozione CUTISEB  per i capelli e ALUSEB e CUTISEB crema per il viso che non sono efficaci e avvizziscono molto la pelle.Vorrei sapere se esistono cure più efficaci, ma soprattutto: è vero che la malattia non si può debellare?

Risponde Prof. Enzo Berardesca Direttore Dermatologia Clinica, Ist Derm S. Gallicano, Roma

La dermatite seborroica e’ una patologia molto frequente che causa la comparsa di prurito, eritema e desquamazione in alcune sedi del corpo quali il volto, il cuoio capelluto ed a volte il tronco. Non si conosce ancora esattamente la sua patogenesi che sembra correlata con una certa predisposzione genetica e la presenza di alcuni lieviti sul cuoio capelluto che ne possono favorire l’insorgenza. Il ruolo del sebo e’ anche  segnalato come fattore predisponente all’infiammazione. La terapia si basa su antiinfiammatori topici come i cortisonici o altre sostanze lenitive e seboriducenti. Alcuni antibiotici con attività antifungina sono anche utilizzati, soprattutto come shampoo, per ridurre la carica dei lieviti. Date le sue caratteristiche e la sua comparsa in seguito ai succitati fattori, non esiste una cura veramente definitiva in quanto tutti questi fattori predisponenti non vengono realmente mai eliminati. La cura serve a controllare i sintomi e mantenere a posto la pelle, ma e’ sempre necessario un mantenimento per impedire che la dermatite ritorni

Anche il sesso può far male alla pelle

Colloquio con il prof. Berardesca riguardo un rapporto particolare: il sesso e la pelle.
di Rai News 24, 14 luglio 2015

Sono molti gli attacchi che subisce costantemente la nostra pelle. Dagli agenti atmosferici, inquinamento, polveri sottili e soprattutto dai raggi ultravioletti. Ma anche da contatto con alcune sostanze, come il nickel, il rame, che nei soggetti predisposti provocano gravi reazioni allergiche. E poi i contatti sessuali non protetti.

Professore ci preoccupiamo molto per le rughe o le macchie e le imperfezioni della pelle. Ma ci sono problemi molto più importanti, che possono minare questo organo. Iniziamo con un gruppo molto diffuso, le dermatiti: da contatto, atopiche, seborriche… Chi ne soffre, i sintomi e come si curano?

Le dermatiti sono delle malattie infiammatorie della cute, spesso su base autoimmune, che si presentano con eritemi ed arrossamenti di vario genere e si differenziano in base alle cause scatenanti. Spesso, come per la psoriasi e la dermatite atopica, vi e’ alla base un fattore genetico predisponente che, in presenza di fattori esterni scatenanti, induce la comparsa delle manifestazioni. Nel caso delle dermatiti da contatto, al contrario, non vi sono fattori endogeni predisponenti, ma l’infiammazione della pelle e’ causata da sostanze esterne (irritanti ed allergeni) che scatenano una risposta infiammatoria della cute dopo essere state in contatto anche per brevi periodi con le strutture superficiali della pelle. Le terapie delle dermatiti sono ovviamente differenti a seconda della diagnosi. Molto utilizzate sono le creme a base di cortisone ed altri antiinfiammatori. Nelle forme da contatto e’ fondamentale la prevenzione ovvero l’evitare il contatto con le sostanze irritanti o sensibilizzanti.

In questa stagione sono molto diffusi anche gli eritemi solari: quali rischi si corrono ad esporsi al sole senza protezione solare, soprattutto se si ha un fototipo chiaro?

La radiazione solare ultravioletta e’ composta principalmente dai raggi ultravioletti e dalla luce visibile. I raggi ultravioletti (UVB e UVA) sono quelli piu’ pericolosi perche’ dotati di grande energia. Quando colpiscono la cute (soprattutto gli UVB) sono in grado di indurre un eritema (rossore) dopo pochi minuti. L’unico meccanismo di difesa che abbiamo e’ la melanina, ovvero il pigmento prodotto dai melanociti che si forma dopo l’esposizione solare (abbronzatura). Le persone di pelle chiara tendono naturalmente a formare meno melanina e quindi sono meno protette verso i raggi UVB e di conseguenza sono piu’ suscettibili agli eritemi solari se si espongono senza protezione adeguata.

Quando dobbiamo preoccuparci, con i nostri nei?

I nei sono delle neoformazioni prodotte dai melanociti (cellule che formano la melanina). Per questo motivo hanno generalmente un colore marrone scuro. I nevi generalmente sono delle lesioni di piccole dimensioni, tondeggianti che compaiono in qualsiasi sede cutanea. Possono essere pericolosi quando le cellule al loro interno degenerano e diventano tumorali causando il melanoma. Spesso e’ difficile capire clinicamente quando questo avviene e per questo, nei soggetti a rischio, e’ meglio effettuare regolarmente visite periodiche con l’epiluminescenza dallo specialista. Come regola generale, bisogna tenere d’occhio i cambiamenti che si hanno nella forma e struttura del nevo. Campanello di allarme deve essere la crescita improvvisa, spesso asimmetrica della lesione, i cambiamenti dei bordi e le alterazioni disomogenee del colore.

Un altro problema grave della pelle e non solo, perché può coinvolgere le articolazioni, è la psoriasi. Come si individua precocemente e c’è un trattamento per rallentarne la progressione?

La psoriasi e’ una dermatite immunomediata che colpisce la cute e le articolazioni. Circa un terzo dei pazienti affetti dalla forma cutanea puo’ presentare un danno articolare. Mentre sulla cute le lesioni sono facilmente visibili (gomiti, ginocchia, cuoio capelluto, mani), il danno articolare, non essendo obbligatorio né tantomeno visibile e’ di piu’ difficile diagnosi. Il paziente non deve sottovalutare il dolore articolare, anche se sporadico, ne’ eventuali gonfiori a carico delle articolazioni e dei tendini. Utile, nei casi sospetti, effettuare un’ecografia con power Doppler dell’articolazione interessata per fare una diagnosi precoce. In questo caso va istituita al piu’ presto una terapia adeguata a base di antiinfiammatori, cortisonici e nei casi piu’ resistenti farmaci biologici per fermare la progressione della malattia e mantenere l’articolazione funzionale.

Ha fatto scalpore la pubblicità di una marca di vestiti che ha utilizzato una modella con la vitiligine, “sdoganando” tra i più giovani questa malattia. Da cosa deriva e ci sono dei trattamenti per ridurre gli effetti estetici?

La vitiligine e’ una malattia che determina il blocco funzionale e la scomparsa dei melanociti. Le aree interessate pertanto non si pigmentano e la pelle si presenta bianca. Questo e’ tanto piu’ evidente quanto piu’ scuro e’ il colore della pelle (fototipo) del soggetto interessato. Non sono ancora completamente chiarite le cause della vitiligine, ma l’ipotesi autoimmune e’ tra le piu’ accreditate. La malattia non e’ pericolosa ma e’ estremamente invalidante dal punto di vista psicologico e della qualità di vita del soggetto colpito. Le terapie si basano sull’utilizzo di modulatori della risposta immune nonche’ della fototerapia per ripristinare la funzionalità dei melanociti colpiti. In alcuni casi selezionati puo’ essere utile il trapianto di melanociti.

Ci sono delle malattie della pelle che si possano trasmettere con rapporti sessuali o comunque molto ravvicinati con altre persone?

Molte malattie della pelle si possono trasmettere con i rapporti sessuali (soprattutto non protetti). Al di la’ della trasmissione dell’infezione da HIV, la malattia sessualmente trasmessa della pelle piu’ conosciuta e’ la sifilide che inizia con una lesione nell’area di contatto con la persona infetta che compare dopo pochi giorni dal rapporto (sifilide primaria). Spesso questa lesione guarisce spontaneamente ma l’infezione prosegue nel sangue causando la comparsa dopo alcune settimane di lesioni eritematose diffuse (sifilide secondaria) o addirittura di lesioni cerebrali a distanza di anni (sifilide terziaria). L’infezione da HPV (Human Papilloma Virus) e’ un’altra malattia sessualmente trasmessa associata alla comparsa dei condilomi acuminati e del cancro della cervice uterina nella donna. Altri virus, come il mollusco contagioso o l’herpes virus possono essere trasmessi per via sessuale così come le infezioni da clamidia e la gonorrea che danno dei quadri prevalentemente di tipo uretritico.

Articolo originale: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Anche-il-sesso-puo-far-male-ala-pelle-malattie-veneree-sfilide-herpes-aids-6ad208bf-c07f-4c4b-acf8-c32cf8b799d4.html

Sole e lampade prima delle vacanze- Fondazione Veronesi

È consigliabile fare qualche lampada prima delle vacanze estive?

Risponde Enzo Berardesca, direttore del dipartimento di dermatologia infiammatoria e immunoinfettivologica dell’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma

  • Pubblicato il 02/07/15

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Mi hanno detto che fare una o poche lampade per preparare la pelle all’esposizione al sole non fa male e non aumenta le probabilità di patologie cutanee serie. È vero?

Elisabetta F, Forlì

Risponde Enzo Berardesca (nella foto), direttore del dipartimento di dermatologia infiammatoria e immunoinfettivologica, Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma

Il concetto “poco fa bene” e “tanto fa male” non è compatibile con le lampade o le docce solari. Anche una sola lampada durante l’anno espone la pelle a un rischio, seppure minimo. Infatti indurre l’abbronzatura significa sottoporre la pelle a una aggressione alla quale risponde, come difesa, con un aumento della pigmentazione. Ovvero il brunito tipico dell’abbronzatura, appunto. Se è vero che una o poche lampade, da sole, non possono essere ritenute responsabili dell’eventuale sviluppo di un tumore della pelle, dall’altro sarebbe comunque sempre meglio evitarle. Tant’è che in alcuni paesi, come gli Stati Uniti o l’Australia dove la popolazione residente è già naturalmente esposta a una irradiazione solare elevata ed è di fototipo ‘chiaro’, sono state vietate. Ma c’è di più.

Oggi la comunità scientifica si sta anche interrogando non soltanto sui rischi indotti dai fatidici raggi ultravioletti (gliUVA e UVB quelli incriminati soprattutto per lo sviluppo dei tumori), ma anche sugli effetti a lungo termine della luce visibile che, apparentemente, non crea nessun eritema o danno percettibile. Gli effetti nocivi che le lampade possono causare alla pelle variano da individuo a individuo, dal tipo di lampada cui ci si espone, e dal differente fototipo. Pertanto è impossibile dare indicazioni sulla soglia minima o massima entro le quali le lampade possono nuocere alla salute con rischi più o meno contenuti.

Come regola generale si può dire che l’esposizione “preventiva” al sole artificiale in presenza di una pelle molto chiara (fototipo 1), capelli rossi e occhi azzurri, non è consigliata. Anzi: potrebbe sortire effetti contrari, come l’arrossamento cutaneo, senza ottenere una base che prepari al sole estivo. Mentre possono concedersi ogni tanto qualche lampada coloro che sono più scuri di carnagione (fototipo 2-3) e hanno occhi e capelli scuri: caratteristiche queste che rendono naturalmente più protetti, facilitano l’abbronzatura, diminuiscono il rischio di irritazioni e arrossamenti e le probabilità di sviluppare tumori della cute. Dunque va sfatata la diceria che prepararsi al sole con una lampada evita poi eritemi e scottature.

L’unico modo efficace per non correre questo rischio è proteggersi con creme solari con fattore protettivo 50 da applicare sulla pelle ripetutamente e ogni due ore, in modo che la crema resti sempre attiva, integrando eventualmente l’alimentazione (vanno bene tutti i cibi arancioni contenenti carotene) con degli integratori alimentari a base di flavonoidi e ricchi di antiossidanti che favoriscono protezione anche in vista dell’esposizione al sole. Anche in caso di lampade solari non vanno trascurati alcuni accorgimenti. Primo fra tutti indossare sempre gli occhialini, perché la cornea può essere anch’essa danneggiata dai raggi, e idratare abbondantemente e accuratamente la pelle con una crema grassa a fine seduta. È invece inutile utilizzare un abbronzante: meglio fare attenzione a non scottarsi, ridurre il numero di sedute e sottoporsi ai raggi (ma solo in questo caso!) senza protezione.

Una considerazione a parte meritano invece quelle malattie della pelle – come la dermatite seborroica, la psoriasi, alcune forme di eczema – che possono beneficiare dai raggi ultravioletti e per le quali l’esposizione, monitorata dal medico, a particolari lampade con lunghezze d’onda molto ristrette che impongono alla pelle solo l’effetto terapeutico e non quello ustionate, può essere spesso risolutiva. In questi casi i vantaggi derivanti dalla lampada superano gli effetti collaterali: ovvero può valere la pena considerare,  a seguito di un beneficio immediato e guarigione dalla malattia, la possibilità di andare eventualmente incontro a lungo termine a pigmentazione o a una maggiore predisposizione a sviluppare dei tumori, i quali possono non essere necessariamente benigni, ma facilmente trattabili se presi in tempo.

Corriere della sera- Psoriasi e sport

psoriasi_testata
nuoto-500x375La psoriasi è una patologia cutanea autoimmune che insorge su una base genetica in associazione a diversi fattori scatenanti molti dei quali non ancora perfettamente chiariti. Uno di questi sicuramente importanti è il traumatismo, ovvero l’insorgenza delle manifestazioni psoriasiche su cute traumatizzata o lesionata. Questo fenomeno, detto fenomeno di Koebner, spiega l’insorgenza di lesioni psoriasiche in sedi sottoposte a micro-traumatismo continuo quali le ginocchia e i gomiti.
Allo stesso modo si spiega l’insorgenza della psoriasi su cute affetta da lesioni precedenti quali malattie dermatologiche (dermatiti, eczemi) oppure ferite e traumi.
L’attività sportiva non può che essere di grande beneficio per il soggetto affetto da psoriasi, soprattutto per prevenire o controllare le patologie associate ad essa come ipertensione, diabete, dislipidemie. Inoltre, il controllo del peso corporeo mediante l’esercizio fisico regolare permette di diminuire il dosaggio dei farmaci in caso di terapia sistemica.
Bisogna però tenere presenti alcuni accorgimenti nella scelta dello sport preferito. E’ infatti meglio evitare gli sport troppo «fisici» laddove ci sia la possibilità di subire traumi e graffi sulla pelle che potrebbero consentire la comparsa delle lesioni nelle sedi interessate. Pertanto il pugilato, la lotta, le arti marziali e simili sarebbero da scegliere con assoluta cautela, mentre sport outodoor come il tennis, la corsa, la bicicletta potrebbero essere indicati in quanto permetterebbero di associare l’attività fisica con anche una moderata fotoesposizione (cioè l’esposizione ai raggi solari) che generalmente può essere utile al soggetto psoriasico.
Un discorso a parte si può poi fare per gli sport acquatici, il nuoto in primis, utile in estate all’aperto sempre per gli stessi motivi, ma da effettuare con maggiore cautela nei mesi invernali, soprattutto per il rischio di sviluppare irritazioni da cloro della piscina o patologie infettive o infiammatorie delle pieghe quali intertrigini e micosi.
In conclusione comunque gli aspetti positivi di una regolare attività fisica surclassano di gran lunga quelli negativi. Basta un poco di attenzione, non trascurare le iniziali irritazioni della pelle e cercare di usare la massima cura sia dal punto di vista igienico che cosmetico.
Al di là dei prodotti specifici per la patologia, è importante  utilizzare lenitivi ed emollienti per tenere la pelle protetta e morbida, protezioni solari per non scottarsi, evitare traumatismi inutili. E non appena compaiono delle dermatiti essere consapevoli che queste in un soggetto predisposto possono trasformarsi in psoriasi.

Artropatia psoriasica – Blog Corriere della Sera

Psoriasi: le risposte ai vostri dubbi

L’associazione tra psoriasi e artropatia era stata notata già ai primi del ‘900, ma solo da circa 30 anni è stato stabilito che l’artropatia psoriasica è una forma a sé stante differente dall’artrite reumatoide o dalle altre malattie autoimmuni e associata alla malattia psoriasica. L’incidenza dell’artropatia è estremamente varia a seconda degli studi effettuati, ma è ragionevole considerare che oggi possa affliggere circa il 30 per cento dei pazienti affetti da psoriasi.

Studi clinici basati su esami strumentali effettuati in pazienti senza  sintomatologia dolorosa evidenziano addirittura la presenza dell’artropatia nella metà soggetti con psoriasi sulla cute. Quindi verosimilmente la forma è molto più diffusa di quanto si possa pensare, in quanto non tutti i pazienti potenzialmente interessati ne sono consapevoli.
I sintomi più frequenti sono rappresentati prevalentemente dal gonfiore e dal dolore presente a livello delle articolazioni. In particolare, nelle forme iniziali è presente un’entesite (ovvero infiammazione delle entesi, che sono le inserzioni tendinee nell’osso) che successivamente può degenerare, arrivando a causare un versamento infiammatorio nell’articolazione con conseguenti alterazioni a carico dei segmenti ossei interessati.
L’artropatia psoriasica insorge quasi sempre dopo la comparsa della forma cutanea della psoriasi (anche dopo molti  anni). Di fatto, il paziente se ne accorge soprattutto per il dolore e l’edema delle articolazioni interessate (deformazione tipica è il «dito a salsicciotto») che poi nei mesi o anni successivi, in assenza di terapia adeguata, presenteranno sempre maggiore difficoltà a muoversi e sempre maggiore deformazione e impotenza funzionale.
Le articolazioni prevalentemente colpite sono quelle delle mani, dei piedi, i talloni e più raramente quelle della colonna vertebrale. Nel lungo termine l’artropatia psoriasica è una patologia debilitante e porta a un importante decadimento della qualità della vita: per questo motivo è estremamente importante che il paziente che sa di avere la psoriasi non sottovaluti nessun sintomo proveniente dalle articolazioni e si rivolga immediatamente al medico, in quanto  l’artropatia si può curare e dev’essere affrontata il più precocemente possibile  al fine di evitare che l’infiammazione induca dei danni permanenti e irreversibili alle articolazioni  interessate.
La terapia si basa sul cortisone assunto per via sistemica nelle fasi iniziali insieme ad altri farmaci «tradizionali» antiinfiammatori (tipo DMARDs) o metothrexate. Qualora questi non avessero successo a controllare non solo il dolore ma anche la progressione della malattia, la risposta più appropriata è data dai farmaci biologici, che sono attivi sia sulla componente cutanea e, in alcuni  casi ancor di più, sulla componente articolare.
In questo caso con una sola terapia (che non va mai interrotta) il paziente controlla efficacemente i sintomi sia sulla pelle che sulle articolazioni. I possibili effetti collaterali di  queste terapie sono, come sempre per i biologici, legati all’immunosopressione e quindi c’è un maggiore rischio di contrarre infezioni, che possono andare dalle banali influenze respiratorie alle infezioni più importanti, come la tubercolosi.
Tuttavia, l’esperienza ormai decennale nel mondo nell’utilizzo di questi prodotti ha dimostrato che un adeguato monitoraggio di questi  pazienti permette di prevenire e controllare questi eventi. Tanto che oggi i biologici sono considerati uno dei trattamenti più efficaci e allo stesso tempo sicuri anche rispetto ai farmaci «tradizionali». Del resto, al fine di  mantenere invariata la qualità della vita del paziente artropatico, vanno assunti il più precocemente possibile per impedire l’irreversibile danno articolare.